Per molti anni ho avuto l’opportunità di dialogare con questi studiosi degli argomenti più disparati: dalla cosmologia alla neurobiologia, dall’evoluzione alla fisica, in particolare la fisica delle particelle subatomiche.
Quest’ultima disciplina adotta metodi di indagine sorprendentemente simili a quelli del Buddhismo: basti pensare, ad esempio, alla valutazione del mondo esterno materiale della scuola filosofica “Solo Mente” (Cittamatra), secondo cui niente può essere trovato una volta che la materia è stata scomposta nei suoi elementi costitutivi. I trattati della scuola della “Via di Mezzo”, invece, affermano che è impossibile trovare qualcosa quando si cerca un vero referente al di là dei concetti e dei termini a esso associati.
In generale, la mente è il fattore principale nel portare a compimento gli obbiettivi espliciti degli esseri viventi. Benché la mente, a differenza delle cose fisiche, è difficile da identificare, se l’addestriamo dipendendo da consapevolezza, introspezione, attenzione e così via, otterremo sia la felicità temporanea sia quella definitiva. Perciò la tradizione che analizza in grandi dettagli il soggetto “mente” è presente fin dagli albori del Buddhismo. Questa è anche una delle ragioni principali della presenza nei testi Buddhisti di vaste spiegazioni che riguardano la psicologia.
La sofferenza e la felicità che sperimentano gli esseri in relazione agli scopi che desiderano dipendono ultimamente dal funzionamento della mente. Felicità e sofferenza, sia a livello temporaneo sia ultimo, dipendono da una mente pacificata o incontrollata. L’essenza degli insegnamenti di Buddha è la pacificazione totale della mente.
La mente, il fenomeno soggettivo, è perfettamente chiara poiché per natura è auto illuminante, e perché gli altri oggetti come la forma e così via, tramite qualcosa come il trasferire i loro aspetti, la natura della forma eccetera, alla coscienza chiara, diventano gli oggetti cha appaiono a tale coscienza. Quindi, viene insegnato che le forme e così via appaiono chiaramente a quella coscienza. In quel caso, la coscienza che ha sia la qualità di illuminare, nel senso di illuminare se stessa, e la qualità di illuminare i suoi oggetti, in quanto le appare l’aspetto di quell’oggetto.
In accordo ad alcuni testi buddhisti antichi, i termini luminoso e cognitivo possono anche significare vuoto, nel senso di essere naturalmente vuoto di essere ostruente, dal momento che quei testi presentano i modi di identificazione della coscienza come ciò che possiede tre qualità: vuota, luminosa e cognitiva.
Per comprendere la presentazione della mente, i testi buddhisti originali offrono vari modi di classificare la mente, che sono inclusi nella settuple tipologia della mente, nella triplice divisione della mente e nella duplice divisione della mente. Per quanto riguarda la prima, la settuple tipologia della mente è la seguente:
1. percezione diretta;
2. Inferenza;
3. cognizione susseguente;
4. supposizione corretta;
5. percezione distratta;
6. dubbio;
7. cognizione distorta.
Dal primo volume de ``La scienza e la filosofia nei classici buddhisti indiani``, nell'introduzione di Sua Santità il Dalai Lama