L’intervista: Ven. Marco, studente del Masters Program

Testimonianze: Ven. Tenzin Ciampa (Marco), studente del Masters Program all’Istituto Lama Tzong Khapa. 

– Ven. Marco, due anni fa eri un chimico. Adesso sei un monaco buddhista. Nessuna di queste due attività si sceglie per caso, ma piuttosto presuppone una specifica vocazione. Per te questo passaggio si iscrive nella continuità o nella rottura?

– Ecco una domanda intrigante. Effettivamente già da ragazzo avevo un interesse per la scienza, unito anche ad una certa inclinazione artistica. Mi affascinava l’idea di andare a fondo della realtà, di comprenderne il funzionamento attraverso i modelli fisici, di capire come stanno le cose. Il mio lato religioso, se c’era, era dormiente. Durante gli anni di studio all’Università ho conosciuto il buddhismo, prima attraverso i libri, e poi frequentando il Centro Studi Cenresig della mia città, Bologna. L’interesse è stato vivo fin dall’inizio, e mi sono trovato in un dilemma, non sapendo se indirizzarmi definitivamente verso il Dharma, o se portare avanti lo studio della chimica. Mio padre è stato un buon consigliere, e grazie a lui ho finito gli studi. In confronto, il mio fratello gemello, pure studente di chimica, ha avuto un cammino più deciso e lineare, in quanto ha concluso senza esitare il corso di laurea in chimica, prima di seguire la sua vocazione finale che l’ha portato al Seminario e poi al sacerdozio.

– Gli elementi sono cinque o più di cento? O in altre parole, c’è contraddizione tra scienza e Dharma?

– Per me non c’è stata contrapposizione tra la scienza e il Dharma.  Piuttosto, gradualmente il mio interesse per la mia attività professionale in ricerca e sviluppo è diminuito, e contemporaneamente quello per il Dharma è aumentato. Sono molto contento della mia scelta di approfondire il Dharma. Le contraddizioni riguardano solo alcuni dettagli marginali. Per esempio, la definizione di fuoco come “ciò che è caldo e brucia” dovrebbe probabilmente essere rivista alla luce delle conoscenze scientifiche. I grandi maestri buddisti, in primo luogo Sua Santità, hanno già dichiarato che un aggiornamento della “fisica” buddhista è possibile ed auspicabile.

Un principio di base del buddhismo è che la mente non può derivare dalla materia (o più in generale, da un’entità di tipo fisico), ma solo da un istante precedente della mente. Da questo principio consegue la continuità con le vite passate e future. Per un mio amico professore universitario di fisica questo principio non è accettabile. Con la tua formazione scientifica hai avuto difficoltà su questo punto?

– Sinceramente, no.  Però non saprei come argomentare con il tuo amico. Come buddhista studi il funzionamento della tua mente usando la tua propria mente. L’osservatore, lo strumento di indagine e l’oggetto studiato coincidono. Siamo nel campo della soggettività. Manca l'”oggettività” scientifica, in cui lo strumento di indagine e l’oggetto sono considerati indipendenti dall’osservatore.  Sono le predisposizioni accumulate nelle nostre vite precedenti che fanno sì se accettiamo questo principio oppure no.

Prendendo l’abito monacale hai fatto la scelta di dedicare la tua vita interamente al Dharma, e, nel contesto Mahayana, ad incamminarti verso lo scopo finale dell’illuminazione.  Come funziona concretamente per i monaci qui in Istituto l’affidamento al maestro e il seguire le sue istruzioni per l’avanzamento sul sentiero?

– Ho preso l’ordinazione da monaco novizio nel novembre scorso con il Ven. Dagri Rinpoche. Qui c’è una piccola comunità di monache e monaci, ma non siamo in un vero monastero. C’è un progetto di costruire un monastero, e spero che presto si concretizzi. Come monaci abbiamo l’impegno della pratica quotidiana e dello studio. Sono studente del Masters Program da quando è incominciato, all’inizio dell’anno scorso. Per noi monaci novizi il riferimento sono i nostri maestri spirituali Ghesce Tenzin Tenphel e Ghesce Ciampa Ghelek, entrambi residenti all’Istituto, oltre ai monaci completamente ordinati più anziani, Massimo e Olivier.

L’avanzamento sul sentiero verso l’illuminazione dipende, anche per i monaci, da noi individualmente. Dobbiamo vedere ogni punto del Dharma come un’istruzione personale da praticare. Attraverso l’esercizio regolare dell’introspezione ognuno verifica da sè se sta praticando correttamente il Dharma. I nostri maestri sono naturalmente sempre a disposizione per consigliarci.

– Grazie Marco. Questa conversazione ci aiuta a capire la tua scelta e potrebbe ispirare qualche altro chimico,… e non. Ti faccio tanti auguri per il tuo avanzamento sul sentiero.

Intervista a cura di Paolo Sala
Editing e fotografia: Manuela Ferro

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